Negli anni ’60 del secolo XI, partendo da Melfi Roberto il Guiscardo stava rapidamente conquistando tutto il Mezzogiorno e cominciava a diventare un pericolo per gli stessi papi, che gli avevano inizialmente conferito il titolo feudale di duca di Puglia.
Perciò, quando Roberto invase anche il territorio intorno a Salerno i principi longobardi della città si allarmarono al punto di chiedere l’immediata convocazione di un concilio a Melfi, nel quale il duca sarà scomunicato a causa dei saccheggi operati dai suoi soldati nei vari monasteri e proprietà della Chiesa.
Il papa che lo indisse era Alessandro II, al secolo Anselmo da Baggio, un fine studioso formato nell’abbazia di Bec, in Normandia, con il maestro Lanfranco da Pavia, poi arcivescovo di Canterbury.
Ma la scomunica fu soltanto una questione formale, concordata per tranquillizzare il clero locale e consentire al duca di continuare nella sua opera di conquista e unificazione territoriale.
Il grande tessitore di questi accordi nel concilio fu Ildebrando di Soana, un diplomatico laico che era stato determinante nell’elezione di Alessandro, di Niccolò e di molti altri papi in precedenza. Lo sarà anche in seguito, con la nomina di Desiderio di Montecassino come Vittore III, prima di diventare egli stesso papa con il nome di Gregorio VII, dopo essere stato ordinato sacerdote e vescovo nell’arco di poche ore.
Ildebrando lascerà un segno indelebile nella storia del secolo XI, insieme al suo grande alleato e antagonista Roberto il Guiscardo. Un rapporto tormentato tra i due, che si concluse con l’incendio e il saccheggio di Roma operato dai normanni di Melfi nel 1084 e l’intera distruzione del quartiere del Laterano.
Il disastro costrinse alla fuga lo stesso Gregorio VII, che andrà a morire a Salerno nella cattedrale del Guiscardo. Una importante strada di Roma, nei pressi di via Merulana, è intitolata ai Normanni in ricordo di quegli eventi.
Gregorio è ricordato anche per l’episodio di Canossa, dove ottenne il formale atto di sottomissione dall’imperatore Enrico IV e, soprattutto, per la grande riforma che porta il suo nome, con la quale stabilisce il primato della Chiesa sull’impero e che si racchiude nel celebre documento noto come Dictatus Papae.