Dai normanni ai tedeschi

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Re Ruggero II non ebbe una discendenza felice. Suo figlio Guglielmo fu soprannominato il Malo e morì a soli 35 anni. Gli succedette il figlio Guglielmo II, descritto dai cronisti del tempo come un giovane mite e amato dal popolo. Altrettanto amata era la sua bella moglie: la principessa normanna Giovanna, che era la sorella di Riccardo Cuor di Leone, il re d’Inghilterra presente nei racconti di Robin Hood.

Guglielmo desiderava governare in pace, così scelse di stringere alleanza con gli imperatori tedeschi facendo sposare sua zia Costanza con il figlio di Federico Hohenstaufen Barbarossa: il giovane Enrico di Svevia.

Costanza era l’ultima figlia di re Ruggero e, nonostante fosse la zia di Guglielmo, aveva un anno meno di lui ed era chiusa in convento. Barbarossa accettò la proposta matrimoniale, ma impose una curiosa condizione: se Guglielmo fosse morto senza figli, il regno di Sicilia sarebbe passato a suo figlio Enrico. Guglielmo ci pensò e, vista la giovane età sua e di sua moglie, ritenne che sarebbe stato un rischio così remoto che si poteva tranquillamente correre: accettò.

Purtroppo Giovanna non generò eredi, fino al giorno in cui Guglielmo morì, a soli 36 anni, seguìto pochi mesi dopo da Federico Barbarossa. Appena apprese la notizia Enrico Hohenstaufen non perse tempo: si fece incoronare imperatore a Roma con il nome di Enrico VI e subito dopo discese con un esercito nel regno normanno, aiutato dalle flotte pisane e genovesi, per imporre con la forza e con il sangue la sua legittima rivendicazione della corona siciliana.

Per tre anni Enrico governò il Sud in un clima di terrore, trafugando enormi quantità di ricchezze dalla corte di Palermo e trasferendole in Germania. Era ossessionato continuamente dai complotti, finché anch’egli morì ad appena 32 anni, forse avvelenato dalla sua stessa moglie, che lo seguì nella tomba l’anno successivo.

I due infelici coniugi si videro pochissimo e forse ancor meno si amarono. Comunque, lasciarono in eredità al mondo il loro unico figlio di quattro anni, al quale avevano dato i nomi dei due grandi nonni: Federico Ruggero, in auspicium cumulande probitatis.

A causa dell’interruzione del voto di castità contro la sua volontà, Dante ci presenta Costanza d’Altavilla tra le anime del Paradiso al Canto III, in una celebre terzina con cui allude anche al marito Enrico e al figlio Federico, ultimo della dinastia imperiale sveva, definendoli poeticamente vento di Soave:

Quest’è la luce de la gran Costanza
che del secondo vento di Soave
generò ‘l terzo e l’ultima possanza.

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