Franza o Spagna…!

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Nel ’500 l’Italia divenne il campo di battaglia per la supremazia europea, contesa tra i francesi di Francesco di Valois e i tedesco-spagnoli dell’imperatore Carlo V d’Asburgo. A marzo del 1528 durante l’inseguimento degli spagnoli in ritirata l’esercito francese, guidato da Odet de Foix visconte di Lautrec, si presentò minaccioso alle porte della città di Melfi, che era rimasta fedele all’imperatore.

Il principe Giovanni Caracciolo provò a resistere, ma dopo un intero giorno di bombardamenti gli assedianti aprirono una breccia nelle mura ed ebbero il sopravvento: fu una carneficina, passata alla storia come la Pasqua di Sangue. I pochi abitanti sopravvissuti fuggirono nei boschi del Vulture cercando scampo nella cripta rupestre dello Spirito Santo.

Intanto, dopo l’ultima disperata difesa nel castello il Caracciolo si arrese e fu catturato. Vedendosi rifiutato il riscatto dall’imperatore decise poi di passare dalla parte dei francesi. Tuttavia dopo circa due mesi, nel giorno di Pentecoste, la città fu liberata dal ritorno degli spagnoli, che entro la fine dell’estate avrebbero definitivamente sconfitto i francesi a Napoli.

Per l’enorme tributo di sangue pagato alla sua fedeltà Melfi fu esentata da Carlo V per dodici anni dal pagamento dei tributi. Fu poi ripopolata da nuove comunità albanesi provenienti dai centri limitrofi, che si insediarono intorno alla nuova chiesa di Santa Maria ad Nives edificata dalla famiglia Lapazaja lungo la via dei mercanti. Questa via costeggiava le mura dall’interno e lungo di essa aveva avuto inizio l’eccidio del 1528.

Dopo avere ristabilito la pace Carlo V tolse il feudo di Melfi al traditore Caracciolo e dopo tre anni lo consegnò nelle mani dell’ammiraglio genovese Andrea Doria, che era stato il principale sostenitore militare e finanziario del suo esercito.

I beni dei Caracciolo furono confiscati e trasportati in nord Europa. Tra essi vi erano circa ottanta preziose pergamene su cui erano trascritti classici latini, come il De Arte Amandi di Ovidio. Sono oggi custodite in esposizione alla Biblioteca Nazionale di Parigi.

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