In un tempo remoto, in un piccolo villaggio chiamato Alesund, incastonato in fondo a un cupo braccio di mare tra le montagne ghiacciate della terra di Noreg, viveva un giovane chiamato Göngu-Hrólfur appartenente al popolo dei Dani. Aveva un temperamento piuttosto violento, tanto da essere presto cacciato dalla sua terra e costretto a prendere il mare.
Si imbarcò allora con un pugno di compagni e, lasciata quella terra che oggi si chiama Norvegia, si spostò da settentrione verso mezzogiorno seminando il terrore di isola in isola: Orc, Zetland, Gall, Scotland, Eireann furono messe a ferro e fuoco prima che i veloci drakkar approdassero finalmente nella terra dei Franchi, risalendo la Senna e conquistando la città di Rouen.
I suoi seguaci lo chiamavano jarl, che significa capo, ma dopo qualche anno anche Karl, il re dei franchi, fu obbligato a chiamarlo duca, cioè capo nella lingua latina: era un privilegio conquistato con le armi, insieme al diritto di rimanere in quella regione e a governare liberamente sui suoi viki, che nella lingua di questi pirati significa uomini.
Si dice che Hrólfur fosse un personaggio davvero spaventoso e di grande orgoglio. Raccontano che durante la cerimonia di investitura si rifiutò di baciare il piede al sovrano, facendosi sostituire da uno dei suoi compagni. Costui afferrò il piede di Karl e lo baciò senza inchinarsi, sollevando l’intera gamba del re e facendolo cadere pancia per aria.
Diventò cristiano abbastanza alla svelta, abbandonando gli dèi e i costumi della sua gente e facendosi battezzare con il nome del suo padrino franco, un certo Rudbert. Tuttavia festeggiò il suo battesimo facendo uccidere un centinaio di prigionieri e sposò la figlia del conte di Neustria, che aveva ucciso in battaglia, preferendo il rito danico a quello cristiano.
Ebbe una fortunata discendenza di eredi maschi dai nomi impronunciabili, come il figlio Viljâlmr Langaspjôt, cioè lungaspada, il nipote Richard detto Senzapaura, poi Rudbert il Magnifico e infine Wilhelm detto il Conquistatore, perché nel 1066 attraversò la Manica e si prese l’Inghilterra, sconfiggendo i Sassoni nella battaglia di Hastings.
Due nipoti di Hrólfur, di nome Muriella e Fresenda, sposarono uno di questi combattenti viking, un certo Tancredi, signore del minuscolo villaggio di Hauteville la Guichard. Viveva nei pressi di un mare gelido e ventoso in mezzo al quale si ergeva il promontorio sacro all’Arcangelo Michele, che si poteva raggiungere anche a piedi, quando la marea permetteva.
Tancredi ebbe molti figli, senza paura ma soprattutto senza soldi, che un po’ per volta decisero di partire verso le ricche terre a Mezzogiorno. Laggiù governava ancora l’imperatore romano, di cui avevano tanto sentito parlare dagli amici che prima di loro erano partiti in pellegrinaggio verso la Terrasanta, fermandosi al famoso santuario dell’Arcangelo nella grotta del monte Gargano, in Puglia.
La Puglia era una terra ricca ma anche burrascosa, contesa da secoli tra i Romani di Costantinopoli e i Longobardi dei vari principati di Capua, Salerno e Benevento. Alcuni di questi amici si erano perciò fermati anche a combattere, mettendosi al soldo dell’una o dell’altra parte.
Attratti dai guadagni e forse dalla voglia di menare le mani tre di questi fratelli Hauteville, di nome Wilhelm, Drogon e Umfred scesero per primi verso sud. Appena arrivati furono subito coinvolti in una spedizione militare: l’imperatore romano, che qui tutti chiamavano basileus, aveva intenzione di strappare la Sicilia ai Saraceni, un popolo di mauri dalla pelle scura che veniva dall’Africa e professava la fede islamica, della parte ismailita.
Nell’anno 1038 iniziò quindi un rastrellamento dei migliori giovani di Puglia, costretti al servizio militare obbligatorio che all’epoca si chiamava strateia e aveva sostituito le tasse. A questi si aggiunse un contingente longobardo, questa volta alleato dei Romani, al quale si aggregarono i fratelli Altavilla. Li guidava un certo Arduino, raffinato nobile longobardo originario della diocesi di Sant’Ambrogio, a Milano.
La spedizione andò male, soprattutto per le liti interne tra romani e mercenari, anche se Whilelm ebbe modo di distinguersi nell’assedio di Siracusa, uccidendo a mani nude l’emiro e guadagnandosi così il soprannome di Braccio di Ferro. Durante una di queste liti per la spartizione del bottino di Siracusa, Arduino fu umiliato pubblicamente dal generale romano Giorgio Maniace e decise quindi di ritirare i suoi, tornando a Salerno.
Qualche tempo dopo Arduino si riconciliò con Costantinopoli e si fece assegnare il comando militare di una roccaforte lungo il confine della Puglia con i barbari longobardi: si trattava di Melfi. Ricordando l’offesa subita, Arduino decise di vendicarsi chiamando a raccolta i suoi vecchi soldati Altavilla, che vivevano nei pressi di Salerno, invitandoli a venire con molti compagni a Melfi, per prendere possesso della città.
Gli Altavilla sopraggiunsero con trecento militi, divisi in gruppi da venticinque e guidati da dodici cavalieri, tutti compagni d’armi nati in Normandia. Dopo una giornata di trattative e consultazioni ai piedi della porta del Pendino, che all’epoca era il principale accesso della città, i magistrati longobardi decisero di aprire le porte ai Normanni, voltando le spalle ai greco-romani che l’avevano ampliata e fortificata nei decenni precedenti. Era il 27 marzo 1041. Da quel giorno la storia del Sud Italia non sarebbe stata più la stessa.