Tracce dell’antica cattedrale di Melfi

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Pochi elementi architettonici della Cattedrale sono riferibili all’antico edificio normanno, ad eccezione del campanile. La facciata barocca voluta dal vescovo Spinelli nel ’700 ha completamente sostituito l’antica facciata romanica, sul cui aspetto non possono farsi ipotesi se non la probabile presenza di un rosone, comune a tutto il romanico pugliese e visibile in un quadro che rappresenta la città durante il terremoto del 1694, collocato nel braccio destro del transetto, di fianco alla cappella del SS. Sacramento.

All’interno sono certamente di epoca antica alcuni pilastri con accenni di arcate, ancora visibili all’incrocio del transetto con la navata centrale, su uno dei quali è appoggiato il pulpito e che sono ormai inglobati nella muratura che sormonta il nuovo ordine di pilastri della navata, di epoca posteriore. I capitelli di questi pilastri, in origine aggettanti e probabilmente decorati con figure immaginarie secondo il gusto romanico, sono stati ripianati e scalpellati in epoca barocca per essere rivestiti di stucchi, poi rimossi.

Alla struttura più antica va probabilmente ricondotto anche il matroneo, i cui ultimi resti furono abbattuti dopo il terremoto del 1930 e di cui rimangono nella navata destra una membratura e l’imposta del primo arco, addossato alla parete interna della facciata d’ingresso. Dal matroneo sinistro si apriva un secondo ingresso al campanile, attraverso una porticola oggi murata ma ancora visibile in alto, lungo la parete della navata laterale sinistra, che corrisponde allo sbocco dell’antica scaletta interna alla torre.

L’impianto complessivo della chiesa è rimasto sostanzialmente immutato, con la campata della navata centrale di larghezza doppia rispetto alle navate laterali e il posizionamento della torre campanaria all’incrocio della navata con il transetto, secondo il canone romanico. Manca invece il catino curvo absidale, abbattuto da un terremoto e sostituito nel ’400 da un vano rettangolare con tetto a capanna che ha accentuato la croce latina, in cui il vescovo Rufino fece installare una tribuna lignea per un coro a due ordini di posti. Altri elementi antichi sono le originarie aperture alle cappelle laterali, a sesto acuto, visibili anche sulla parete esterna di sinistra.

Un aspetto ancora poco approfondito è la possibile presenza di una cripta sotto l’altare maggiore. L’ipotesi parrebbe avvalorata da recenti indagini geognostiche condotte con apparecchiature sonar che hanno rivelato la presenza di una vasta cavità, riempita di materiale disomogeneo probabilmente durante i lavori di ristrutturazione promossi dal vescovo Spinelli, dopo il disastroso terremoto del 1694. Altro indizio della possibile presenza di una cripta è la sopraelevazione del piano di pavimento della chiesa rispetto al piano esterno, non giustificabile in sua assenza.

Inoltre il pavimento interno è curiosamente in pendenza dall’ingresso verso l’altare, guadagnando almeno un metro di quota. Ciò può spiegarsi con la scelta pratica di ripianare le macerie dei crolli nello stesso sito, evitando il costo di rimuoverle e formando così un nuovo piano al di sopra del terrapieno. Questo ha contribuito a eliminare il probabile gradone esistente all’origine in prossimità del transetto, ridotto oggi a un solo gradino. Il profilo della collina presentava infatti in quel punto un naturale salto di quota, ben visibile all’esterno nella scalinata che affianca il campanile. Tale dislivello ha probabilmente influenzato la scelta di ubicare la chiesa in quella posizione, favorendo la costruzione su diversi piani tipica delle cattedrali romaniche dotate di cripta.