La Sélice, vico Pendìno e Melfi sotterranea

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La prima cinta muraria, di origine bizantina è tuttora visibile nel tratto che dal castello discende verso la porta Calcinaia. Essa si chiudeva probabilmente con un’altra porta nel punto più meridionale, presso l’attuale piazzetta con fontana di vico Pendìno. Questo suggestivo vicoletto era la principale via interna della città più antica: esso si inerpica ancora oggi secondo l’antico tracciato, partendo dalla via Sélice e risalendo fino alla chiesa di San Lorenzo con antistante piazzetta, che era il principale edificio di epoca bizantina.

Risalendo il vicolo si trovano le caratteristiche abitazioni dai piccoli portali in pietra, cantine con maestosi varchi d’accesso, archi, cortiletti e la Cavallerizza, cioè la stazione di posta di epoca federiciana dove venivano stallati i cavalli dei forestieri, che non potevano trovare alloggio né a castello né nelle strette viuzze del borgo.

La Sélice, oggi via Nitti, era invece il principale asse esterno di accesso e uscita dalla collina urbana e occupava il tratto mediano di un lungo vallone naturale che separava la città dal vicino colle di San Michele, poi detto dei Cappuccini. Il nome della strada deriva dalle caratteristiche grandi basole di pietra vulcanica con cui un tempo era pavimentata, oggi sostituite da anonimi cubetti di porfido.

Il vallone naturale si originava molto più a monte, presso l’attuale campanile della Cattedrale e, discendendo lungo la Rua Grande (oggi via Vittorio Emanuele II) attraversava la piazza della Corte (oggi Umberto I), la Sélice (via Nitti) e la via dei Balnea (via Bagno), per sfociare finalmente nella Melfia.

Molte delle cantine più suggestive della Melfi sotterranea, tutte di proprietà privata e alcune delle quali sono state valorizzate e sono visitabili dal pubblico su richiesta, si trovano collocate proprio lungo il percorso dell’antico vallone, a testimoniare l’esistenza di una Melfi ipogea su cui nel corso dei secoli, con successivi rinterri e spianamenti, sono nati i moderni assi viari.

Superata la porta del vico Pendìno, la fortificazione muraria proseguiva verso est fino alla chiesa bizantina di San Nicola de Platea, così chiamata perché sorgeva nei pressi della prima piazza di mercato fuori le mura, oggi Umberto I e che sarebbe diventata poi di proprietà dei cavalieri Templari. Da qui ripiegava verso nord correndo lungo l’attuale asse di vico Neve e Gradelle, per chiudersi nel punto più alto, dove poi sarebbe sorto il castello.