Santuario UNESCO di San Donato di Ripacandida

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Lantico santuario di San Donato, vescovo di Arezzo e protettore di Ripacandida, si trova all’ingresso del borgo, in Viale Regina Margherita. E’ celebre per i suoi affreschi del Cinquecento in stile giottesco, tanto da essere chiamato la piccola Assisi, con cui Ripacandida è gemellata, anche se l’edificio originario è citato in una bolla di papa Eugenio III del 1152 indirizzata al vescovo Rogerio di Rapolla, che nomina anche il vicino casale di Santa Maria di Rivo Nigro (Rionero).

Il santuario è stato riconosciuto nel 2010 dall’UNESCO come «Monumento messaggero di cultura di paceper i profondi valori spirituali che da secoli trasmette».

Il portale è del Seicento e l’interno si presenta a navata unica, suddivisa in tre campate coperte da volte a crociera con sesto rialzato. Annesso alla chiesa vi è un  monastero del 1300 rimaneggiato nel corso dei secoli, con chiostro circondato da un deambulatorio. La volta e le pareti della chiesa sono completamente affrescate da un ciclo pittorico che rappresenta episodi della Bibbia.

Partendo dalla prima campata, sulle vele sono dipinti la Vita e la Passione di Cristo, mentre sulle pareti sono rappresentati rispettivamente l’Inferno a destra e il Paradiso a sinistra, con Cristo in trono circondato da angeli. La seconda e terza campata trattano temi della Genesi, con Dio che separa la luce dalle tenebre, la creazione della terra, della luce, delle piante e delle stagioni. Prosegue con la creazione della donna, il peccato originale e il sacrificio di Abele. Seguono tre cicli di affreschi di epoca successiva: il ciclo cristologico di Antonello Palumbo, il ciclo della Genesi e quello dei Santi, di Nicola da Novi, con un San Francesco che riceve le stimmate.

Tra gli arredi, la chiesa custodisce un organo, un altare barocco e un Martirio di Santa Giulia di Paolo de Matteis. Dalla città di Assisi Ripacandida ha recentemente ricevuto in dono una reliquia di San Francesco. In alcuni scritti lasciati da seguaci di San Francesco si narra di un eremita vissuto silva de Melfhia e morto, in odore di santità, il 14 novembre 1241, il quale apparso in sogno ad una donna di Ripacandida le chiese di interferire affinché la sua salma fosse traslata nella locale chiesa benedettina di Santo Stefano.

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