Federico II di Svevia ampliò il castello dotandolo di una prima cintura separata dal palazzo, che si chiudeva tra due torri esterne con funzione di carcere e di maschio o donjon, cioè di ultima roccaforte tipica dei castelli di cultura normanna. La prima torre si trova sul lato orientale ed è detta di Marcangione, riconoscibile dalla finestra a bifora. L’altra si trova sul lato settentrionale ed è detta dei quattro venti, successivamente collegata al corpo centrale da uno spalto che avrebbe ospitato gli appartamenti di re Carlo d’Angiò. Nei sotterranei di collegamento tra le due torri, sotto l’attuale sala detta del trono erano collocate le segrete e la probabile sala per le esecuzioni, come dimostrano ceppi di ferro e ossa umane rinvenute durante gli scavi degli anni ’30.
Nel 1231 l’imperatore vi promulgò le Costituzioni del Regno, il più importante corpus giuridico del Medioevo, che riassumeva, sistemava e ampliava le leggi romano-bizantine e arabe a lui giunte tramite lo stato normanno. Fondamentale fu il contributo dei giuristi di Curia, tra cui il capuano Pier delle Vigne, reso celebre da Dante nel canto XIII dell’Inferno. Il castello, alle dirette dipendenze dell’imperatore, diventò sede dell’Archivio del Regno e ospitò giuristi e notai impegnati in importanti studi e traduzioni dall’arabo, come il De Animalibus di Avicenna.