Con la proclamazione del Regno di Sicilia nel 1130 il re normanno Ruggero II volle celebrare la rinnovata gloria dei normanni anche a Melfi, iniziando la costruzione della grande cattedrale con il maestoso campanile e il palazzo vescovile, che saranno completati da suo figlio Guglielmo il Malo. L’area prescelta è un grande spiazzo fuori dalle mura antiche, a monte della piazza del mercato e in prossimità della portierla di Santa Lucia. La via esterna di collegamento tra la città e la nuova area della cattedrale prende il nome di via Novella.
La città si amplia così ulteriormente, abbracciando un primo pezzo degli antichi orti, sotto i quali nel corso di recenti scavi archeologici sono emerse importanti necropoli di epoca daunia. La cinta muraria in quest’epoca si estese ancora più a est, correndo lungo gli attuali corso Garibaldi e via Ronca Battista.
La nuova zona urbana ai piedi della cattedrale, sviluppata anche in epoca federiciana e angioina, assumeva i caratteri del sobborgo commerciale e artigiano, animato dalle botteghe che si collocavano a ridosso delle mura e delle porte, dalle quali entravano le merci dopo avere pagato dazio ed essere state acquistate su piazza, ossia negli slarghi antistanti alle porte principali e destinati al mercato dei forestieri.
Prendono così vita nuove strade come la via delle barberie, poi Ronca Battista e la via dei Battilana, poi Floriano del Zio, dai nomi delle attività che vi si svolgevano. La piazza di mercato si sposta più a valle, dove tuttora si trova con il nome ufficiale di piazza Abele Mancini.
Davanti a questa piazza, al termine della via Sélice e prima della sua prosecuzione su via Bagno, fu edificata la nuova porta principale della città, detta di Santa Maria o dei Balnea. La porta venne dotata successivamente dai Caracciolo di un forte rivellino o torrione di protezione con una cupoletta e di una lapide con la seguente iscrizione:
“Deus defendat civitatem, et angeli Dei custodiant muros suos”
“Dio difenda la città. Gli angeli di Dio custodiscano le sue mura”
Addossato alla porta sul lato esterno sorgeva un hospedale per l’accoglienza dei forestieri che non avevano fatto in tempo a entrare in città prima della chiusura, detto della Nunziata. Purtroppo la porta fu abbattuta dopo il terremoto del 1851, sebbene non fosse pericolante, su ordine di un Sottintendente pel solo ghiribizzo di novità, come ci segnala lo storico Gennaro Araneo. I resti della chiesa della Nunziata ospitano oggi un esercizio commerciale.
Sorgono intanto numerosi quartieri fuori le mura come il sobborgo San Martino, addossato dall’esterno alle mura tra la Sélice e la piazza del mercato, il sobborgo San Michele sulle pendici della vicina collina dei Cappuccini e lungo il lato sinistro della grande discesa dei Balnea, che portava alla fiumara con i mulini, agli orti e alle sorgenti utilizzate per acqua potabile.
Sul lato destro di questa strada invece si ampliava e raccordava l’antico sobborgo dei calcinai con nuove botteghe, animate soprattutto dai maniscalchi e vasai. Infine, isolato lungo la fiumara verso nord, ai piedi del castello e separato da esso da un’altissima rupe, si sviluppò il ghetto ebraico o ralla de li Judei, dediti soprattutto alla gestione delle tintorie. In un secondo momento gli ebrei si spostarono nei sobborgo dei Balnea.
Melfi è nota fin dall’antichità per la ricchezza di sorgenti e acque minerali che sgorgano dalle falde del Vulture. In particolare, la valle della Melfia nella grande ansa posta ai piedi dell’abitato era arricchita da numerose fontane pubbliche e lavatoi. Più a valle sorgevano invece vari mulini ad acqua che, sfruttando la corrente naturale del torrente, venivano utilizzati per la macinazione del grano duro.
Anche il centro storico è dotato fin dal secolo XIX di acqua corrente nelle case e di numerose fontane pubbliche, grazie alle opere idrauliche e al grande serbatoio voluto dal principe Doria in prossimità del castello.